Di seguito riporterò
un documento scritto dalla dottoressa Giovanna Visini
.Ho deciso di inserirlo nel blog perché è uno dei testi più belli scritti
sulla respirazione.
Ogni volta che lo rileggo mi fa capire l’importanza vitale di un gesto così
semplice ma fondamentale.
Tutti sanno cosa sia la respirazione,non tutti però sanno come respirare ed ancor meno conoscono le sue potenzialità.
Tutti sanno cosa sia la respirazione,non tutti però sanno come respirare ed ancor meno conoscono le sue potenzialità.
La respirazione oltre
a ricaricare il corpo di energia aiuta l’animo a calmarsi e sgombra la mente dai
pensieri negativi ed ossessivi che talvolta ci ottenebrano,non
consentendoci di guardare il mondo come
è in realtà.inoltre ho potuto constatare il potere che la respirazione ha nel
rimuovere i blocchi emotivi che si manifestano a livello fisico. Blocchi che
addirittura certe persone portano fin da bambini a causa di un autorità quale
genitori,professori,scuola etc.. che con il loro uso impropio di potere sul
bambino-subordinato ne turbano l’animo non consentendogli un libero sviluppo
armonico.
Credo che la
respirazione sia la chiave per condurre una vita serena ed il primo passo per
raggiungere la liberazione dello spirito.
Il potere terapeutico del respiro
di
Giovanna Visini
Il medico
e psicoterapeuta R.Dahlke, autore di molti libri, tra cui La straordinaria
forza terapeutica del respiro (Tecniche Nuove, 2003), definisce il respiro “il terapeuta
perfetto” che “collega tutte le istanze del nostro essere, consentendo il
contatto nei punti in cui lo scambio e la comunicazione risultano bloccati,
ripristina il flusso delle energie vitali, laddove queste ristagnano”. Nel
respiro sono presenti sia il sistema di regolazione automatica (come per la
circolazione sanguigna) sia quello del controllo volontario delle funzioni
(come per i muscoli scheletrici). “Possiamo respirare consapevolmente, ossia
modificare volontariamente la profondità dell’inspirazione e dell’espirazione,
ma il respiro continua a fluire anche di notte, durante il sonno, quando la
coscienza vigile viene disattivata. Il respiro rappresenta dunque una
connessione tra le attività esteriori, consapevoli, e la vita interiore
inconscia del corpo [e della psiche]; e non collega solo conscio e inconscio,
giorno e notte, bensì, attraverso i lobi polmonari, anche sinistra e destra,
quindi polo maschile e femminile. Anche il sopra e sotto vengono messi in
contatto, perché ogni respiro viene percepito anche nel basso ventre e,
attraverso il diaframma, principale muscolo dell’apparato respiratorio,
raggiunge anche l’intestino.” Il respiro libera l’energia vitale che ristagna
nei blocchi emotivi, nelle difese e resistenze, nel bisogno di controllo, nei
modelli di comportamento condizionati e cristallizzati, negli schemi e visioni
rigidi di noi stessi e della vita, nella corazza di tensioni (quella che W.
Reich chiamava la corazza caratteriale) che è diventata la nostra seconda
pelle. Ci “rieduca” a fluire con la vita, a rilassarci, riacquistando fiducia
nelle nostre risorse e nella bontà dell’esistenza, riduce fino ad eliminare la
paura di vivere e di soffrire, ci rende più aperti e sicuri, riparando le ferite
e i traumi più o meno gravi non elaborati emotivamente che distorcono il nostro
sguardo sulla realtà, impedendoci di essere più creativi e flessibili nell’affrontare
giorno per giorno la nostra vita. Ho iniziato il mio percorso personale e
professionale con il Rebirthing in Cile nel 1990.
Quello che ho vissuto seduta dopo seduta sul lettino dello studio della mia amata guida cilena , psicologa e rebirther, mi ha fatto scoprire il potere di trasformazione interiore della respirazione circolare che si pratica nel Rebirthing. Come le tantissime persone che in seguito hanno respirato con me, posso dire anch’io che il Rebirthing mi ha cambiato la vita. Lavoravo all’epoca per l’Unicef, un lavoro entusiasmante e pieno di gratificazioni. Molti anni passati in Africa e in America Latina, la conoscenza di molti paesi, lingue e culture diverse, l’importanza di un’attività che contribuiva a salvare la vita di tanti bambini e di tante donne, esperienze arricchenti dal punto di vista umano e professionale. Tuttavia, come spesso accade a un certo punto della nostra vita, iniziai a sentire crescere in me il bisogno di operare dei cambiamenti. Provavo una profonda inquietudine, la spinta a cercare un senso più profondo da dare alla mia vita. Cominciò una ricerca che mi portò a studiare le filosofie e le tradizioni spirituali orientali, andando varie volte in India, a praticare la meditazione, a riprendere lo studio delle psicologie occidentali, a lavorare su di me utilizzando diversi metodi e approcci terapeutici. Dobbiamo a C.G. Jung il termine “individuazione” per indicare la meta di questa tensione interiore, questo bisogno di diventare più compiutamente se stessi, armonizzando la personalità intorno a un centro che è il Sé. Anche la Psicosintesi si applica al raggiungimento di questo obiettivo (vedi il mio saggio Il Rebirthing come percorso di crescita, su questo sito). Allora, nel 1990, cercavo un metodo che mi mettesse in contatto con le dimensioni più profonde di me, non solo quelle dell’inconscio biografico ma anche quelle dell’inconscio superiore transpersonale. Incontrai il Rebirthing e mi conquistò per la sua potente efficacia, per il fatto che fosse basato sulla
Quello che ho vissuto seduta dopo seduta sul lettino dello studio della mia amata guida cilena , psicologa e rebirther, mi ha fatto scoprire il potere di trasformazione interiore della respirazione circolare che si pratica nel Rebirthing. Come le tantissime persone che in seguito hanno respirato con me, posso dire anch’io che il Rebirthing mi ha cambiato la vita. Lavoravo all’epoca per l’Unicef, un lavoro entusiasmante e pieno di gratificazioni. Molti anni passati in Africa e in America Latina, la conoscenza di molti paesi, lingue e culture diverse, l’importanza di un’attività che contribuiva a salvare la vita di tanti bambini e di tante donne, esperienze arricchenti dal punto di vista umano e professionale. Tuttavia, come spesso accade a un certo punto della nostra vita, iniziai a sentire crescere in me il bisogno di operare dei cambiamenti. Provavo una profonda inquietudine, la spinta a cercare un senso più profondo da dare alla mia vita. Cominciò una ricerca che mi portò a studiare le filosofie e le tradizioni spirituali orientali, andando varie volte in India, a praticare la meditazione, a riprendere lo studio delle psicologie occidentali, a lavorare su di me utilizzando diversi metodi e approcci terapeutici. Dobbiamo a C.G. Jung il termine “individuazione” per indicare la meta di questa tensione interiore, questo bisogno di diventare più compiutamente se stessi, armonizzando la personalità intorno a un centro che è il Sé. Anche la Psicosintesi si applica al raggiungimento di questo obiettivo (vedi il mio saggio Il Rebirthing come percorso di crescita, su questo sito). Allora, nel 1990, cercavo un metodo che mi mettesse in contatto con le dimensioni più profonde di me, non solo quelle dell’inconscio biografico ma anche quelle dell’inconscio superiore transpersonale. Incontrai il Rebirthing e mi conquistò per la sua potente efficacia, per il fatto che fosse basato sulla
respirazione, un metodo naturale, da sempre conosciuto dalle
antiche tradizioni soprattutto orientali, eppure capace di risolvere disturbi e
disagi, di sciogliere antichi nodi e di operare un profondo rinnovamento
interiore.
Iniziai un viaggio all’interno di me stessa che non si è mai
esaurito, continua ogni giorno. In questo viaggio ho attraversare tanti
paesaggi, a volte (all’inizio soprattutto) dolorosi e difficili, poi sempre più
luminosi e carichi di intuizioni e sensazioni di pace, di ritorno a casa, di
ritrovare il significato profondo dell’esistenza, stati transpersonali di
unità, consapevolezza e pura gioia.
Come spesso accade utilizzando questa respirazione, nelle prime
sedute ho provato gli irrigidimenti, i formicolii, i crampi e mi sono dibattuta
nelle mie tensioni e nei miei blocchi. Ho pianto moltissimo, si piange spesso
nel Rebirthing perché si lasciano andare e si sciolgono emozioni rimosse,
spesso molte antiche o precoci, sofferenze a volte superate razionalmente ma
non integrate, non ancora veramente dissolte. Ho incorniciato nel mio studio un
verso di Thich Nhath Hanh, il monaco vietnamita maestro Zen, scritto da lui con
il pennello che dice “Le lacrime che ho pianto ieri sono diventate pioggia”. Mi
è sembrato bellissimo e così appropriato per esprimere quello che accade in
molte sedute, quando oltre il pianto si trova il significato profondo di quello
che abbiamo vissuto, ci si riconcilia con noi stessi, con gli altri, con la
vita, ci si perdona e si perdona, e si sente nelle fibre più profonde del
nostro essere che le nostre lacrime sono diventate pioggia e noi siamo quella
pioggia. Ho rivissuto la mia nascita molto traumatica, in cui mi sentivo
soffocare ed ero sicura di morire per poi provare alla fine un sollievo e una
felicità travolgenti. Ho rivissuto situazioni rimaste sepolte dentro di me, di
cui avevo ricordo ma che consideravo archiviate, o che non ricordavo. La cosa
che mi sorprendeva era il fenomeno della doppia coscienza che spesso accade nel
Rebirthing (conosciuto anche dalla neurologia, dopo gli esperimenti di W.
Penfield), l’essere cioè consapevole di me che stavo respirando e allo stesso
tempo il fatto di rivivere nel presente situazioni, emozioni e sentimenti che
risalivano a altre epoche della mia vita e a volte addirittura non
relazionabili con la mia storia biografica…inconscio collettivo, inconscio
familiare, vite passate? La definizione è poco importante, ma certamente si
trattava di “ripuliture” del mio bagaglio bio-psichico inconscio.
L’esperienza di trasformazione profonda che ho vissuto grazie al
Rebirthing, grazie al potere del respiro, mi ha fatto decidere di continuare a
studiare, a praticare e fare di questo metodo il mio nuovo lavoro, lasciando
dopo qualche anno l’Unicef, tornando in Italia, seguendo altri corsi di
formazioni, praticando e studiando non solo il Rebirthing ma anche
altri approcci, come il Rei-Ki, la Gestalt, la Psicosintesi, il Counseling ad
approccio umanistico-esistenziale. In Italia ho conosciuto Filippo Falzoni
Gallerani, fondatore della Scuola di Rebirthing Transpersonale,
diventando sua allieva e poi collega. Come spesso accade alle
persone che scoprono qualcosa di altamente utile e benefico, volevo anch’io che
anche altre persone potessero beneficiare di questo formidabile strumento di guarigione,
di crescita ed evoluzione. Mi ero ormai da tempo resa conto che i problemi
della gente e del mondo, anche quelli che per tanti anni avevo cercato di
risolvere lavorando per l’Unicef, venivano affrontati in modo non risolutivo, l’ottica
era parziale e mirava soltanto agli aspetti più superficiali e materiali della
vita e della realtà; erano utili ma non sufficienti, e non tenevano conto dell’importanza
del cambiamento del livello di coscienza, della necessità di una trasformazione
interiore. Solo molti anni dopo ho trovato nel libro A Theory of Everything (Shambhala, 2000) di Ken Wilber (che considero
mio maestro e punto di riferimento teorico fondamentale nella mia attività) un’analisi
critica dell’approccio dell’Unicef nel suo lavoro di aiuto umanitario. Gli insuccessi
di questo organismo delle Nazioni Unite (che ha comunque contribuito ad
abbassare la mortalità infantile e materna nei paesi in via di sviluppo) erano
attribuiti appunto alla visione dimezzata dello sviluppo umano, inteso in
termini puramente socio-economici, senza integrare le dimensioni della soggettività
individuale e culturale (per approfondire il tema della visione
Come dice Thich Nhath Hanh “lavorare per la pace significa, prima
di tutto, essere pace”, per essere pace dobbiamo cambiare noi stessi, essere in
grado di sorridere e aiutare gli altri a sorridere. Quando sono arrivata in
Italia, il Rebirthing non era molto conosciuto. Filippo Falzoni Gallerani è stato
certamente un valoroso pioniere. Dei passi avanti sono stati fatti negli ultimi
anni, ma ancora insufficienti. Molte persone, dopo aver sperimentato gli
effetti benefici della respirazione per risolvere i loro disturbi, come ansia,
attacchi di panico, insicurezza, timidezza, difficoltà a prendere decisioni,
paure, tensioni muscolari di origine psicosomatica, quando sentono che è
avvenuto un cambiamento positivo dentro di loro mi chiedono quasi stupiti: Ma
perché non è più conosciuto?
…perché non è più conosciuto?
Penso che la risposta possa essere trovata, almeno in parte,
considerando che l’Occidente ha operato una separazione tra il corpo e la
psiche/mente. Il corpo e il mondo erano visti come macchine, orologi e l’Io/mente
come qualcosa di autonomo e indipendente sospeso nel nulla e capace di studiare
e operare su questa materia inerte. La mente razionale e pensante, l’ego, ha
sempre diffidato del corpo e delle sue manifestazioni, della sua fragilità e
della sua mortalità creando una dualità insanabile (vedi il testo di Ken
Wilber: Riconciliare mente e
corpo, su questo sito). La psiche
viene curata con le terapie verbali, il corpo con la medicina che utilizza
farmaci e chirurgia. In relazione a questo, nella sua prefazione al libro Integral Medicine (su questo sito), Wilber scrive che esiste “una
questione molto complessa, divenuta famosa sotto il nome di “dualismo
cartesiano”, o rapporto mente-corpo e che, sotto questi ambiziosi paludamenti
filosofici, significa molto semplicemente questo: proprio adesso voi sentite,
molto probabilmente, di avere un qualche tipo di coscienza e di libero
arbitrio, ma la scienza fisica procede come se la realtà fosse un sistema materialistico
chiuso. Anche se da un punto di vista filosofico voi foste dei materialisti,
dovreste costantemente ‘tradurre’ ogni esperienza nei termini materialistici,
perché non è questo il modo in cui l’esperienza viene fatta. Il fisicalismo, in
altri termini, viola la maniera propria in cui naturalmente il mondo presenta
se stesso (a parte il fatto che la maggior parte dei filosofi di questa area
non pensa che la coscienza possa essere ridotta al materialismo riduttivo).
Comunque, come medici convenzionali, siete più o meno obbligati a trattare il
paziente come se fosse puramente un sistema biofisico e materiale: medicazioni,
chirurgia, radiazioni, insomma, un intervento fisico dopo l’altro. I pazienti,
nella loro relazione con la medicina, diventano macchine materiali. Eppure il medico,
nella consapevolezza di se stesso, sente di non essere una macchina, e anche i
suoi pazienti lo sentono. Il problema “cartesiano” nella pratica convenzionale
della medicina è questo: siete obbligati, come medici, a trattare il paziente
come una macchina materiale, quando entrambi sapete che non siete macchine”.
L’Oriente non ha mai operato questa scissione e la respirazione è
stata sempre considerata fondamentale nel ristabilire l’equilibrio tra corpo e
mente, sciogliere i blocchi energetici, calmare la mente, aumentare la
consapevolezza e raggiungere stati di pace interiore e contatto profondo con le
dimensioni transpersonali.
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Questo ci fa vivere meglio, più consapevoli del presente, rende
possibile acquisire quella “fiducia esistenziale” dell’essere e dell’esserci
(che spesso da bambini non siamo stati aiutati a conservare e sviluppare), che
ci fa celebrare la vita e godere dei piccoli miracoli di ogni giorno, rende
capaci di accettare e attraversare la sofferenza quando si presenta, ci fa
sentire parte di un tutto più grande, e ci rende capaci di essere fonte di
serenità anche per chi ci circonda. Quando siamo in pace con noi stessi
contribuiamo alla pace del mondo.
Solo negli ultimi decenni anche da noi si sono fatte strada
visioni e concezioni più integrali tendenti a superare il dualismo corpo/mente
e che introducono anche negli approcci psicoterapici l’attenzione al corpo, ai
blocchi energetici, alla consapevolezza del qui e ora (la bioenergetica, la gestalt,
la psicosintesi). Sono molte anche le iniziative che mirano a integrare la
psicologia delle tradizioni orientali, quella buddista in particolare, con la
visione e gli approcci occidentali; fioriscono gli studi di neurofisiologia sul
funzionamento cerebrale durante gli stati meditativi (vedi: www.mindproject.com, e su questo sito il brano: La tua mente può cambiare).
Oggi accade spesso che persone che seguono psicoterapie
tradizionali (psicanalisi freudiana, analisi junghiana, adleriana,
cognitiva-comportamentale, ecc.) decidano di intraprendere anche un percorso con
il Rebirthing perché sentono il bisogno di coinvolgere il corpo e le emozioni,
e il piano energetico, al fine di accelerare il loro iter terapeutico. Ma sono
anche molte le persone che si avvicinano direttamente a questo metodo perché
alla ricerca di un approccio efficace ma più breve e mirato. In ogni caso
sarebbe utile una maggiore diffusione della conoscenza di questo metodo tra i professionisti
della salute e gli psicologi per una maggiore collaborazione nell’interesse dei
Medicina, psichiatria, neurologia, psicologia e dimensione spirituale
sono diventati campi separati (spesso anche ostili) e hanno sviluppato la
frammentazione più di quanto non siano riusciti a ricomporla. Metodi e approcci
più olistici che si ispirano a conoscenze e pratiche orientali non vengono
riconosciuti. Molto pochi sono coloro che considerano gli esseri umani nella
loro
“totalità”.
Come sottolinea Ken Wilber, è necessario lavorare per promuovere l’integrazione
di teorie e pratiche rivolte alla cura e al benessere dell’essere umano.
A parte i disturbi psichiatrici gravi (quali schizofrenia e
psicosi) e pochi altri casi, la respirazione del Rebirthing può esser praticata
con notevoli risultati da tutte le persone, sia che si vogliano risolvere e
superare vari disturbi psicosomatici o disagi esistenziali, sia come cammino di
crescita personale e spirituale e di autorealizzazione. E’ necessario affidarsi
a professionisti esperti e qualificati che abbiano anche una buona formazione
psicologica e siano aperti alle dimensioni transpersonali della coscienza. Fin
dall’antichità, tutte le culture e le tradizioni in Oriente e in Occidente
conoscevano il potere di guarigione della respirazione che viene oggi praticata
nel Rebirthing.
Molto interessante mi sembra, a questo proposito, citare l’esempio,
poco conosciuto, dei Terapeuti di Alessandria. Filone d’Alessandria, la cui
nascita si colloca tra il 20 e il 10 a.C. e la morte attorno al 40 d.C., descrive
nella De Vita
Contemplativa le usanze di un gruppo di
persone, i Terapeuti, che egli conobbe e frequentò nei dintorni di Alessandria,
luogo di incontro delle civiltà dell’Oriente e dell’Occidente, di sincretismi
di tradizioni e culture diverse, dove proliferavano le sette e i gruppi 4 religiosi.
I Terapeuti erano degli uomini e delle donne di tradizione ebraica, come Filone
stesso, ma aperti agli apporti della cultura greca. Al tempo di Filone, il
terapeuta era qualcuno che aveva cura del corpo, ma anche delle immagini che
abitavano nella sua anima, aveva cura degli dei e delle parole che gli dei dicevano
alla sua anima.
I Terapeuti erano filosofi, cercatori e amanti dell’Intelligenza
creatrice (sophia) ed erano capaci di curare il corpo. Ma il
corpo non può essere considerato soltanto un oggetto, come una cosa o una macchina
dal funzionamento difettoso: il corpo è animato. Non vi è corpo senza anima,
poiché ciò che non ha più anima non è più un corpo, ma un cadavere. Curare il
corpo di qualcuno, significa essere attento al soffio che lo anima. Per gli
antichi Ebrei la malattia e la morte erano legate a una perdita o mancanza di ‘soffio’:
curare, risvegliare qualcuno voleva dire far circolare di nuovo il soffio nelle
sue membra. Quando il soffio ritorna a Dio, il composto animato si decompone,
ritorna all’inanimato. La vita è il soffio, e il terapeuta si prende cura di
questo soffio. Guarire qualcuno significa farlo respirare: “mettere il soffio
al largo”, cioè amplificarlo, e osservare tutte le tensioni, i blocchi, le
chiusure che impediscono la libera circolazione del soffio, vale a dire lo
sviluppo dell’anima in un corpo. Il compito del terapeuta sarà sciogliere
questi nodi dell’anima, questi ostacoli alla Vita e all’Intelligenza creatrice
nel corpo animato dell’uomo.
Mi piace l’idea di considerarci, noi che utilizziamo, amiamo e
onoriamo il respiro, come eredi moderni dei Terapeuti di Alessandria, anche noi
aiutiamo a mettere “il soffio al largo” affinché possa circolare liberamente e,
sciogliendo i nodi e gli ostacoli, ricostituire quell’armonia tra corpo,mente e
anima che sola, alla fine, può assicurare la vera guarigione.
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